venerdì 24 agosto 2007

La sedia magica, di Matteo C., II A.

Il mio amico Carlo mi ha invitato a casa sua martedì per fare i compiti con lui. Io e Carlo siamo amici dalla prima, quando lui se ne stava seduto sulle scale da solo, con i suoi vestiti perfettini, e ci guardava giocare a pallone senza dire niente. Carlo è sempre stato bravissimo a scuola però negli ultimi mesi ha cominciato a prendere dei brutti voti.
Sono contento che Carlo mi ha invitato a casa sua; io purtroppo non posso invitarlo a casa mia perché mamma si vergogna e dice che la nostra casa é troppo brutta e piccola per Carlo.
Il lunedì, quando siamo usciti da scuola alle quattro e mezza, è venuto a prenderlo la sua tata, come sempre. La sua tata è una signora vecchia come una nonna ma non è sua nonna. Ha i capelli ricci giallirosa di zucchero filato e gli occhi grandi e tristi. É andata da mamma e le ha chiesto se potevo andare a casa di Carlo per fare i compiti. Mamma mi ha guardato, poi ha guardato Carlo, ha sbuffato come fa sempre e ha detto si. La tata ha anche detto a mamma che potevo cenare da loro così papà poteva venire a prendermi dopo cena. Io ero contento perchè papà esce dalla fabbrica alle 10 e io potevo stare fino a tardi da Carlo.
Il giorno dopo, martedì, mamma mi ha fatto mettere per forza i pantaloni che avevo alla comunione di Monica (che è la mia sorella grande) l'anno scorso e pure la camicia di mio cugino Vincenzo che puzzava di naftalina. Io non volevo vestirmi come uno scemo ma mamma mi ha detto che non potevo fare brutta figura a casa di Carlo; poi mi ha dato un bacio sulla fronte e allora l'ho messa. Mi ha dato anche un sacchetto con le olive di nonno per la mamma di Carlo.
Sono stato tutto il giorno a scuola con i pantaloni che mi cadevano giù che dovevo tenerli con le mani e in più non potevo neanche giocare a calcio perchè mamma non voleva che mi sporcavo.
Poi finalmente siamo usciti da scuola e siamo andati da Carlo. É venuta a prenderci la signora tata che mi ha detto di chiamarla Luisa e allora l'ho chiamata signora Luisa. Prima ci ha portato a prendere la pizza rossa davanti alla scuola, dove me la prende sempre nonna, e io ho preso quella con le olive nere piccole e il prosciutto bruciacchiato, poi siamo andati a casa di Carlo.
Io non ero mai stato a casa di un altro bambino prima di Carlo ed ero un po' emozionato.
Che bello il palazzo dove abita! C'era un portone grandissimo tutto con i vetri e dentro c'erano degli specchi alti fino al soffitto (e io mi vergognavo di vedermi nello specchio con la camicia di Vincenzo); c'era anche un tappeto rosso grandissimo tipo quello che c'è dal dentista. Ma soprattutto c'erano quattro ascensori! A casa mia non c'è l'ascensore e saliamo a piedi, tanto io abito al piano rialzato, però l'ascensore lo prendo quando vado da zio Mario.
Abbiamo preso l'ascensore più a sinistra e siamo saliti al terzo piano; chissà dove andavano gli altri...secondo me di sicuro uno andava fino al tetto, un altro in giardino e l'ultimo non lo so.
Prima di entrare la signora Luisa ci ha fatto togliere le scarpe e ci ha fatto mettere quella specie di ciabatte scivolose che mi fa mettere anche zia Giovanna a casa sua per pulire per terra camminando.
La casa di Carlo è bellissima! La cucina e la camera dove mangiano sono due diverse, ha poi una camera per il papà, una camera per la mamma e pure una camera tutta per lui! In casa sua ci sono pure due bagni, uno con le piastrelle blu e i gradini.
Siamo entrati nella sua stanza e Carlo ha chiuso la porta a chiave. Abbiamo subito giocato un po' con i suoi giocattoli. Che belli! C'erano alcuni giocattoli che non avevo mai visto dal vivo! Ha il Lego del castello e quello dei pirati, ha Voltron, ha la piramide completa degli Exogini, Sapientino e il Cantatù!
Io avevo un po' paura di toccare tutti quei giocattoli perchè avevo paura di romperli che poi papà deve ricomprarglieli. Abbiamo giocato un pò, poi gli ho detto che potevamo pure fare i compiti ma lui mi ha detto che aveva detto una bugia ai suoi genitori perchè voleva qualcuno con cui giocare a casa. Mi ha detto che era sempre da solo a casa perchè i suoi genitori lavoravano sempre. Io gli ho chiesto perchè non andava a giocare in cortile con gli altri bambini che abitavano nel palazzo e lui mi ha risposto che nel suo palazzo era proibito per i bambini giocare nel cortile e comunque lì erano tutti grandi. Che strano che in un palazzo con quattro ascensori non si puo' giocare nel cortile!
Diceva tutte queste cose e intanto si tirava le maniche e si asciugava gli occhi.
Abbiamo giocato un po' con i suoi giochi stupendi ma poi ci siamo annoiati e quindi gli ho insegnato come si gioca alla guerra dietro i cuscini. Ci siamo divertiti tantissimo. Ogni tanto la signora Luisa bussava alla porta e diceva a Carlo di non farsi male ma noi non ci facevamo male, giocavamo.
Poi a un certo punto mi ha detto di seguirlo ma di stare zitto e non fare rumore che la signora Luisa non doveva sentirci. Siamo andati a quattro zampe, senza fare rumore, a parte il ciac-ciac delle mani sul pavimento nero. Poi siamo arrivati alla camera di suo papà, allora Carlo si è alzato, ha chiuso gli occhi, stretto i denti e ha aperto. La signora Luisa non ci ha sentiti.
Dentro la stanza del papà c'erano tantissimi libri: grandi, piccoli, spessi e sottili ma era strano, perchè sembravano tutti dello stesso colore marronenero ed erano tutti ordinati. E siccome anche i mobili erano marronineri tutta la stanza era marronenera.
Carlo mi ha preso per un braccio e mi ha fatto vedere il computer di suo papà. Mi diceva: "guarda che bello", "É l'ultimo modello", ma a me sembrava uguale a quelli che abbiamo a scuola. Io a casa non ce l'ho il computer: papà dice che è troppo caro e quindi non ci ho mai giocato.
Carlo mi ha fatto vedere un gioco della guerra di suo papà che spari come se sei dentro un film. Ho provato a giocare un po' ma non ci capivo niente, Carlo mi sgridava perchè morivo sempre e allora ho fatto giocare solo lui. Io preferisco la guerra coi cuscini che la guerra col computer.
Mentre mi annoiavo un po' ho visto una sedia vicino alla finestra; era una sedia strana perchè era una sedia brutta, non come la stanza che era bellissima. Era come la sedia che mio nonno usa per sedersi sul balcone per raccontarmi mentre piange le storie di quando era bambino.
Mi sono avvicinato e sono salito sopra in piedi per vedere fuori. Pioveva e sul soffitto c'era rumore tipo sacchetto della tombola. Ad un certo punto Carlo mi ha gridato sottovoce di scendere che suo papà non voleva che lui toccava le sue cose. Poi è corso da me e mi ha preso la mano per tirarmi giù. Io gli ho detto scusa e stavo per scendere ma mentre lo facevo ho visto una cosa incredibile! Fuori dalla finestra non c'era più la pioggia e non c'era più neanche la città! C'era il sole e un prato grandissimo con i ruscelli e gli animali! Poi però Carlo continuava a tirarmi e allora sono sceso. Il mio amico Carlo proprio non voleva credere a quello che avevo visto perchè era impossibile. Infatti fuori pioveva ancora e c'erano ancora le macchine e i clacson.
Poi ho capito: quella era una sedia magica che ti faceva vedere le cose belle e allora l'ho detto a Carlo che forse visto che era magica suo papà non voleva rivelare il segreto. Carlo diceva che le sedie magiche non esistono e che solo i bambini credono alla magia. Io però gli ho detto che noi eravamo bambini. Allora siccome continuava a non crederci l'ho convinto a salire. Lui però non vedeva niente, solo la pioggia, le macchine e i clacson. Che strano, eppure a me mi sembrava di avere visto bene!
Allora sono salito pure io sulla sedia per guardare però siccome era piccola io e Carlo dovevamo stare abbracciati. Incredibile! Ora fuori dalla finestra era tornato il sole, il prato e i ruscelli! E anche Carlo li vedeva! C'erano anche i cavalli blu e i cani astronauti! Vicino alla casa di legno col fumo che usciva dal camino c'era un'altalena alta fino al cielo; seduto sopra c'era uno scienziato coi capelli pazzi che scriveva su un libro giallo delle cose. C'era anche un laghetto con le paperelle della vasca che ridevano. Ridevano davvero! Dei bambini giocavano a pallone con i canguri. Il sole era grande e sorrideva con gli occhi chiusi. C'era una cascata con i gatti che facevano la doccia con gli elefanti, mentre i topi si abbronzavano. I coccodrilli canotto giocavano a carte.
Poi Carlo mi ha detto di guardare a destra e mi ha fatto vedere che la maestra Luisella stava correndo a cavallo di un pony fucsia. Era incredibile! Quella sedia doveva essere magica davvero! In cielo c'erano le nuvole fatte di calzini e dagli alberi pendevano orologi che facevano tutti le sette e mezza.
Ad un certo punto Carlo, tutto preoccupato, mi ha detto che dovevamo scendere perchè alle sette e mezza la signora Luisa veniva a chiamarci nella cameretta per la cena. Peccato, stavo guardando un aquilone che dava da mangiare ai suoi aquilonotti.
Siamo scesi, Carlo ha spento il computer e siamo tornati nella camera senza fare rumore, solo ciac-ciac con le mani.
Dopo la cena è arrivata la mamma di Carlo così siamo dovuti tornare nella cameretta a fare i compiti per finta. In realtà abbiamo parlato di quello che avevamo visto e abbiamo riso tanto. Poi mio papà ha suonato alla porta e son dovuto andare via. Prima di andare via Carlo mi ha detto nell'orecchio che la sedia magica era un nostro segreto e che ci dovevamo rivedere per tornarci sopra.
Papà era stanco perchè aveva gli occhi da pelouche, ma è sempre così quando fa il secondo turno.
Il giorno dopo a scuola io e Carlo abbiamo deciso che saremmo tornati sulla sedia martedì (che era ieri).
Lunedì però Carlo non ha parlato per tutto il giorno, non ha giocato con noi a calcio contro la II B in porta. Io gli ho chiesto se era triste e lui mi ha detto che non potevo andare più a casa sua perchè sua mamma e suo papà non si volevano più bene e lui andava a vivere con lei dalla nonna. Mi ha detto che forse non potevamo più tornare sulla sedia magica, e che tanto solo i bambini credono alla magia.
Poi si è girato ed è tornato in classe, da solo.

Et voilà

Buonjour mondo, mon nom è Pepe B. e racconto storie.
B. signifique Bipunto. Mais chiamatemi Pepe B., preferisco.